ECONOMIA
  by Rossana Furfaro Published: lunedì 29 dicembre 2025 15:48:06

La proposta della Camera del Lavoro di Perugia: un patto per il governo pubblico dello sviluppo e la qualità del lavoro

Conferenza stampa di fine anno della Cgil Perugia - “La crisi che attraversa la provincia di Perugia è strutturale e non può essere compresa senza partire dai dati demografici”

(AVInews) – Perugia, 29 dic. – Lunedì 29 dicembre si è tenuta la conferenza stampa di fine anno della Cgil Perugia per fare il punto sulla situazione socio economica nel territorio della provincia di Perugia e illustrare le proposte dell’organizzazione sindacale per far fronte alle principali criticità. All’incontro, che si è tenuto alla Camera del lavoro di Perugia, è stato il segretario generale Simone Pampanelli, affiancato dai membri della segreteria provinciale, a presentare la relazione 2025.

“Il 2025 – si apre così il documento – è stato per la Camera del lavoro territoriale della provincia di Perugia un anno straordinario per intensità, complessità e qualità dell’impegno sindacale. Straordinario perché segnato da una molteplicità di crisi sovrapposte: internazionali, nazionali e locali. Le guerre, la scelta politica dell’Europa per il riarmo, il deterioramento del quadro geopolitico globale hanno inciso direttamente sulle condizioni materiali delle lavoratrici e dei lavoratori, attraverso l’aumento dei costi dell’energia, l’instabilità dei mercati e la compressione dei diritti. A livello nazionale, il 2025 è stato attraversato dai referendum sul lavoro e sulla cittadinanza, dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali in un contesto di forte perdita del potere d’acquisto, e da una manovra economica del governo Meloni profondamente iniqua, contro la quale la Cgil, da sola, ha scelto la strada dello sciopero generale del 12 dicembre, assumendosi fino in fondo la responsabilità della rappresentanza sociale. Sul piano locale, l’impegno è stato continuo: scioperi, presidi, assemblee nei luoghi di lavoro e nelle città, vertenze e trattative hanno avuto un unico filo conduttore: difendere il tessuto industriale, economico e sociale della provincia di Perugia. Emblematica è stata la mobilitazione contro l’aumento delle tasse regionali, che ha portato a modificare in modo significativo l’impostazione iniziale della Giunta, tutelando la maggioranza dei contribuenti umbri, a partire da quelli più deboli. Un risultato concreto che dimostra come si possa ancora incidere sulle scelte pubbliche”.

Di seguito la relazione presentata dalla Cgil suddivisa per tematiche.

La tutela individuale della Camera del lavoro

La tutela individuale rappresenta per la Camera del Lavoro di Perugia un altro pezzo importante dell’azione sindacale.

Ecco alcuni dati sulle prestazioni erogate nella nostra provincia nel 2025: il Patronato Inca Cgil ha aperto 39.229 pratiche di cui 26.920 di prestazioni assistenziali e sostegno al reddito; il Centro autorizzato di assistenza fiscale (Caaf) Cgil ha erogato 18.296 pratiche per l’Isee, 41mila per il 730 (con un reddito medio degli assistiti di 22.239 euro l’anno) e ulteriori 5mila pratiche varie per un totale di 74.296; l’Ufficio vertenze e legale ha erogato circa 3.500 prestazioni/consulenze di cui circa 1.500 per dimissioni volontarie.

Questi dati ci danno la misura del flusso di persone che ogni giorno si rivolgono alle nostre Camere del lavoro, spesso unico punto di riferimento nelle aree interne, per la tutela dei propri diritti. Basti considerare che il dato numerico complessivo delle pratiche avviate (117.025) non rappresenta l’intera utenza alla quale forniamo quotidianamente risposte.
 
Un territorio che perde popolazione, si impoverisce e invecchia
 
La crisi che attraversa la provincia di Perugia è strutturale e non può essere compresa senza partire dai dati demografici. Dal 2014 al 2025 la popolazione è diminuita del 3,8%, scendendo a 636.531 abitanti. Ancora più preoccupante è la trasformazione demografica per età: solo l’11,4% (-2%) della popolazione ha meno di 15 anni, mentre gli over 65 sono il 26,8% (+3,1%) e gli over 80 il 9,1% (+1,3%).

Il tasso di natalità è crollato a 5,7 per mille (9,1 per mille nel 2014), mentre la mortalità è salita a 11,9 per mille. Il saldo naturale è fortemente negativo e segnala una progressiva erosione della popolazione attiva futura, con effetti diretti sulla crescita economica, sulla sostenibilità del welfare e sulla capacità del territorio di attrarre investimenti. Anche la riduzione della popolazione straniera (-3,8%) priva il sistema locale di una componente che negli anni passati aveva contribuito a sostenere interi settori produttivi e dei servizi.

A questa dinamica si accompagna una fragilità sociale diffusa: il 36,4% delle famiglie è unipersonale, oltre 112mila persone vivono sole, 33.500 percepiscono l’indennità di accompagnamento. È il segno di una società che invecchia, si frantuma e diventa sempre più dipendente dai servizi pubblici, proprio mentre questi vengono messi sotto pressione e spesso in discussione.

Redditi bassi, lavoro povero e occupazione fragile

Il quadro dei redditi conferma una provincia segnata da povertà diffusa e disuguaglianze strutturali. Il 68,8% dei contribuenti dichiara meno di 26mila euro annui; oltre un quarto non arriva a 10mila euro. I redditi elevati sono residuali: solo l’1,8% supera i 75mila euro. Il reddito medio da lavoro dipendente, pari a 20.331 euro lordi annui, non è sufficiente a garantire una vita dignitosa in presenza di aumento dei costi della vita, affitti elevati e servizi sempre più onerosi.

Questi dati sono il prodotto di un modello economico fondato su lavoro povero, precarietà e frammentazione produttiva. La provincia di Perugia è caratterizzata da una struttura imprenditoriale polverizzata: oltre il 78% degli addetti lavora in micro e piccole imprese, spesso terziste, indebitate e tecnologicamente arretrate. Solo una quota ridotta è occupata in medie e grandi imprese, in grado di garantire maggiore stabilità e salari più alti.

La contraddizione è evidente nei dati della Banca d’Italia: l’occupazione cresce del +1,9%, ma il Pil aumenta solo dello +0,6%. Si lavora di più, ma si produce poca ricchezza aggiuntiva. Le domande di Naspi, in costante aumento, anche se lieve, confermano un mercato del lavoro instabile, segnato da continue transizioni tra occupazione e disoccupazione. Non si tratta di una fase congiunturale, ma di una fragilità strutturale del modello di sviluppo.

Crisi industriali, delocalizzazioni e responsabilità imprenditoriali

Il 2025 ha visto aggravarsi le difficoltà dell’industria manifatturiera, in particolare del comparto metalmeccanico. In particolare, il settore dell’automotive è destinato a peggiorare ulteriormente nel 2026.

Il termine del Pnrr, nei settori collegati, fa già prevedere un brusco rallentamento nel secondo semestre del 2026. Colpisce soprattutto il fatto che alcune chiusure aziendali non siano riconducibili a crisi di settore, ma indotte da strategie industriali sbagliate, delocalizzazioni e addirittura speculazioni finanziarie. Qui emerge con forza un tema politico: più che il mercato, pesa la qualità dell’imprenditoria.

La vertenza Coop Centro Italia, oggi Unicoop Etruria, è emblematica: non bastano garanzie occupazionali di breve periodo, servono prospettive di lungo periodo, investimenti e un presidio di direzione sul territorio.

Le imprese umbre risentono dei dazi, delle guerre, dell’aumento dei costi energetici, della concorrenza cinese e della crisi della siderurgia italiana. A tutto questo si aggiunge l’incapacità della precedente Giunta regionale di utilizzare il PNRR per cantierare opere realmente strategiche.

Servizi, subappalto e diritti

La crisi non riguarda solo l’industria. Il comparto dei servizi mostra forti difficoltà, aggravate dalla logica del sub-appalto, che abbassa salari, sicurezza e qualità, trasformando diritti fondamentali in prestazioni al ribasso.

La proposta sindacale: qualità del lavoro e governo pubblico dello sviluppo

Di fronte a questo quadro, la Cgil è chiara: non serve un patto per il lavoro qualunque, ma un Patto per la qualità del lavoro. La Zes, da sola, non è la soluzione. Serve una strategia di sistema, una cabina di regia delle crisi, un vero piano di politica industriale regionale capace di orientare gli investimenti pubblici e privati.

Non possiamo continuare a erogare risorse alle imprese senza condizionalità. Queste vanno erogate a patto che si rispettino certi criteri: applicazione dei Ccnl maggiormente rappresentativi, salari dignitosi, sicurezza sul lavoro e sostenibilità ambientale. Le istituzioni, la Provincia e la Regione, devono assumere un ruolo attivo e le controparti datoriali, a partire da Confindustria, devono assumersi la responsabilità del confronto con tutte le parti sociali. La Cgil è pronta. Serve visione e coraggio.

Uno sguardo al 2026

La campagna referendaria ha rappresentato un grande momento di apertura, soprattutto verso le giovani generazioni. Le mobilitazioni per la pace, la Palestina, gli scioperi generali, la partecipazione diffusa dimostrano che esiste un bisogno profondo di cambiamento.

Nel 2026 resteranno centrali i temi della pace, delle politiche industriali, di un fisco giusto e progressivo capace di redistribuire la ricchezza, della sanità pubblica, del lavoro dignitoso e sicuro e dei salari.

Saranno centrali anche il referendum sulla riforma costituzionale della giustizia, sul quale ci impegneremo fin da subito nella promozione di comitati sul territorio e nella divulgazione delle ragioni del No, nonché la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare sulla sanità pubblica promossa dalla Cgil insieme a molte altre associazioni.

Il nostro impegno sarà inoltre rivolto alle sfide che, a partire dal territorio, saremo chiamati ad affrontare: il Piano dei rifiuti, il trasporto pubblico e la difesa dei servizi pubblici rappresenteranno terreni decisivi di confronto e di proposta.

A livello locale ripartiremo da subito dal documento che, come Camera del lavoro, abbiamo elaborato sul sistema socio-sanitario del nostro territorio, il quale costituisce un contributo importante alla Cgil dell’Umbria per la discussione che si aprirà nei prossimi mesi sul Piano Sanitario regionale.

Si tratta di un documento che, a partire da gennaio, porteremo in tutte le città della provincia attraverso assemblee pubbliche, invitando le amministrazioni locali, le associazioni, le cittadine e i cittadini a integrarlo con contenuti specifici, capaci di rispondere alle esigenze dei territori, per la difesa di una sanità pubblica, universale e diffusa in un contesto complesso ed eterogeneo come quello della provincia di Perugia.

Il messaggio è netto: le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati e le pensionate pretendono un cambio di passo. Non più politiche calate dall’alto, sorde, ma un coinvolgimento vero per costruire scelte che migliorino concretamente le condizioni di vita e di lavoro a partire dai territori.


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